La Banca Popolare di Milano sta adottando una gestione, quella del crony capitalism, usanza tanto amata dal capitalista nostrano, assolutamente inusuale.
E si traccheggia ancora con Bpm dunque.
La formula è alquanto discutibile, quella della gestione con la partecipazione dei sindacati, che di fatto ne stanno rallentando il rinnovamento tanto invocato anche da Visco.
É di sole due settimane fa il richiamo ricevuto dal governatore di BPM ad operare per deliberare sull'aumento di capitale necessario al rimborso dei Tremonti Bond e ad una trasformazione sollecita in spa.
Unica, strada per un rinnovamento imprescindibile.
Ad oggi nulla è ancora successo su questo fronte e il problema della governance rimane ancora un tema scottante.
Il 12 novembre scorso era previsto l’approvazione del piano industriale slittato subito dopo le dimissioni dell’ex consigliere Montani dal consiglio di gestione della banca, forse da realizzarsi appena prima delle festività natalizie.
La segnalazione di trasformazione era stata ventilata già dall’Antitrust durante il 2011, la quale segnalava “i profili problematici attinenti alla governance ed alla struttura delle banche popolari, in particolare quelle quotate”.
Come già accennato però BPM traccheggia nel prendere le decisioni fondamentali.
Nel frattempo cresce il disappunto di Ignazio Visco, preoccupato dall'imminenza degli stress test che, senza le trasformazioni osteggiate dai sindacati, potrebbe avere ripercussioni imprevedibili.
Anche la richiesta di trasformazione in Spa è costantemente rifiutata dai sindacati interni, che dominano le assemblee gestionali (in nome della salvaguardia dei dipendenti, sic!).
Nell’ultima nota i sindacati parlano di “egoismo dei banchieri”, non loro ovviamente, ma di Bankitalia.
E’ palese ancora il distacco del sindacalismo dalla realtà economica di questo paese. Il braccio di ferro continua.
Da una parte amici, ex amici e sindacati che difendono la mutualità della banca, dall’altro Bankitalia che intende proseguire nel riassetto di tutto il sistema bancario.
I primi legati ad un modo di fare banca superato e con una visione localistica e politica della gestione, i mercati vanno d tutt’altra parte.
La seconda preoccupata ancora del nanismo bancario e di una governance troppo legata al locale e poco volta alla concorrenza (difetto legato a gran parte del mondo bancario).
C'è da augurarsi che si trovi intanto un accordo sulle liste ( l'ultima è quella di Giarda) e che si giunga ad una soluzione di compromesso, ossia mista tra una parte in spa e l'altra con la vocazione popolare ancora viva all'interno della storica banca milanese.
Lo chiede il mercato e tutti quegli investitori che sono long sul titolo da settembre scorso!