La Commissione Europea ha respinto l'obiezione sollevata in settembre dal servizio giuridico del Consiglio Ue sul nodo del "principio di residenza" per l'applicazione della Tobin Tax.
Nell'attuale bozza la tassa sulle transazioni finanziarie viene imposta a qualsiasi istituzione finanziaria con una residenza fiscale, anche esterna agli 11 Paesi che partecipano alla cooperazione rafforzata (Germania, Italia, Francia, Spagna, Austria, Belgio, Grecia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia ed Estonia).
In sostanza, scrive MF, il Consiglio contesta il fatto che definire il luogo in cui e' stabilita una societa' "eccede" la giurisdizione degli Stati membri per le questioni fiscali sulla base delle norme internazionali cosi' come vengono applicate dalla Ue.
Non solo; secondo i tecnici del Consiglio la misura "non e' compatibile" con i Trattati Ue perche' "lede la competenza fiscale degli Stati membri che non partecipano" alla cooperazione rafforzata. Infine, la Tobin Tax "probabilmente comporta una distorsione della concorrenza a detrimento degli Stati membri non partecipanti". I
nsomma, i tecnici del Coniglio Ue bocciano su tutti i fronti la bozza di Tobin Tax comunitaria.
Si allarga l’allarme in Italia intanto.
Secondo quanto riportato dal quotidiano economico Il Sole 24 ore, infatti, il mondo finanziario del Belpaese avrebbe già protestato energicamente con il Tesoro, bollando come inopportuno questo tentativo di modifica, soprattutto per l’imminente arrivo di un’apposita direttiva europea in materia. Ma non solo: si parla anche di possibili ricadute negative sul costo dei prestiti privati, e si sottolinea anche la discriminazione a favore dei titoli di Stato, destinata a penalizzare gli altri emittenti domestici.
Insomma, se già la Tobin tax nella sua versione originaria faceva paura, questa riformulazione sembra proprio terrorizzare gli addetti ai lavori, che non hanno esitato a ricordare che l’attuale tassa sulle transazioni finanziarie ci sta costando, fin dalla sua introduzione nel marzo del 2013, ben 17,5 miliardi di euro al mese (relativi al calo registrato nelle compravendite di Piazza Affari).
Numeri che parlano chiaro, e che denunciano le criticità di una tassa che, invece di portare ingenti entrate agli Stati che la applicano, sembra spingere i trader a scegliere Paesi con regimi fiscali più vantaggiosi.